Tempo. Avanza senza remore. Mentre avrei voluto trasformare il mio amore in odio, non riesco che a tremare se la vedo. E gli occhi lucidi dell'altra mi fanno sognare altri universi, immaginare realtà impossibili. Così, sento l'irrealtà di una mentre assaporo la concretezza dell'altra. Ovvero il contrario.
L'uomo è stupido per natura. Riesce sempre a dire la parola di troppo. Tutto ciò che Lei le ha detto non ha fatto altro che aiutarlo a costruire con più accuratezza la gabbia d'oro in cui avrebbe voluto rinchiuderla. Ma è così inutile gridare alla preda lontana di avvicinarsi promettendole una morte lenta.
giovedì 20 dicembre 2007
martedì 27 novembre 2007
Suicidio di parole
Sono passati tanti giorni, tante notti, troppe lacrime. E mentre sto perdendo tutto, non riesco a mantenere le distanze. Va beh, è finita, tanti saluti, addio.
Sudicio suicidio tra vasche e nei suoi occhi, non piangere, serpenti. Alla fine sulle le deserte sponde del mio secolo, non rimarrà altro che strapparmi il cuore.
Sudicio suicidio tra vasche e nei suoi occhi, non piangere, serpenti. Alla fine sulle le deserte sponde del mio secolo, non rimarrà altro che strapparmi il cuore.
venerdì 16 novembre 2007
tattoo
Passeggiando verso casa, nella prima notte fredda d'autunno, ripenso a quanto ho e a quanto non potrò mai avere. Il centro città è deserto, il pallore gelido di novembre che si mescola con il giallo alogeno dei lampioni. Uno strano senso di quiete comincia a circolare come brezza tra le dita intirizzite della mia mano destra. Il disegno di un demone dalle forme di fanciulla, stretto ad un cuore sanguinante, il mio, circondati, il cuore ed il demone, dai rovi di un roseto, si vuole tatuare sulla mia spalla e scendere lungo il mio braccio.
lunedì 12 novembre 2007
Moonday
Il freddo accarezza la ruvida superficie delle mie ossa, gli ultimi giorni della scorsa settimana un tormento. Ho chiesto quanto ho scritto non avrei avuto il coraggio di chiedere. La risposta, attesa, è stata negativa. La reazione è stata, attesa, una riproposizione della domanda. In un momento particolare, di involuta evoluzione, ho bisogno di almeno una porta chiusa e lucchettata, anche se rimarrò battendo, al di qua della soglia, sulle tavole di legno grezzo, levigate appena dalla vernice a smalto, piangente. Il fiume che, più in là, scivola gelido sotto la crosta del ghiaccio, scorre invisibile nascosto dalla neve che ricopre il terreno soffice del sottobosco, pineta incantata, larici ed abeti come cupole e minareti. Mi ricordo di un sogno in cui tutto si risolveva, anche se a distanza di anni. Le visioni allora erano postindustriali. Palazzi di cemento armato e terrapieni d'asfalto. Un altro sogno, un altroterrapieno, parcheggio deserto d'asfalto rovente senz'ombra. Creatura d'incubo, perfettamente simmetrico, con i suoi shorts e gli stivali da padre pellegrino, la cannottiera ed i capelli unti, neri, la fascia da tennista. E gli occhi identici e maligni. L'aveva portata via con se, con anoressica fluidità. Malgrado gli appelli, lei consenziente. Nessun sogno oggi, solo segni del reale, simboli ed astrazioni che in un divenire logico mi elidono.
venerdì 9 novembre 2007
Freeday
Alcune serate sembrano lineari e quasi indifferenti. Ma il mattino dopo c'è una stretta allo stomaco, un peso sul cuore. Una volta scrissi, non qui, che c'era un demone aggrappato al mio cuore e, grazie a C., aveva iniziato a stringere. Il fatto che ieri sera lei non ci fosse, malgrado avesse detto che avrebbe potuto raggiungerci in ritardo, cosa peraltro legittima, ed ha mandato anche a me il sms di rinuncia, non l'ho accusato subito, ma... Non riesco a uccidere l'illusione, non riesco a rinunciare a credere, anche se sono convinto e cosciente dell'impossibilità del tutto, dell'irrealtà di una vita appagata e felice. Vorrei chiederle un'ora o due del suo tempo per parlarle, per... Ma non lo farò, ma... Non c'è futuro.
giovedì 8 novembre 2007
CIMITERO
Poco più di dieci anni fa sono arrivato ad un compromesso con me stesso, ho deciso di accettare il fatto di essere infelice per natura e definizione in cambio di ricevere nell'interazione con il mondo un poco di serenità. Nel momento in cui, circa un anno fa, ho scelto di illudermi che potesse essere possibile non sottostare alle regole che governano le relazioni tra le persone di oggi, in breve ho perso la serenità. Mi sono trovato a questo punto infelice senza niente in cambio. Il dolore che lacera il mio ventre, questa vertigine onirica che accompagna ogni mio passo, l'assenza di un sorriso sincero nel mio trovarmi di fronte allo specchio, sono dimensioni che non riesco più a sopportare. Mi stanno mangiando dentro.
Cammino in un cimitero di cui conosco ogni inumato, le lapidi dei miei futuri impossibili che ridono.
Cammino in un cimitero di cui conosco ogni inumato, le lapidi dei miei futuri impossibili che ridono.
martedì 30 ottobre 2007
Se Sabato è un giorno pari perchè mi sento così di Martedì?
Se Sabato è stato un giorno pari, anche se i giorni dispari di Domenica e Lunedì sono stati sulla soglia del pianto, perchè Martedì non dev'essere pari? Forse è la pioggia, forse è l'assenza di una sua risposta, forse è la sindrome di Iago. E quando L. mi racconta di come abbia conosciuto in discoteca un tizio, quando arriva in mail una foto di questo e c'è un fottuto clone a torso nudo, non posso fare a meno di ricordarmi di quanto io sia inadatto ed inappropriato per il mondo dei sentimenti, di come in realtà non esistano giorni pari. Per me tutti i giorni sono dispari.
Questa notte qualcuno mi ha svegliato, un amico, qualcuno di cui mi fidavo. Ho alzato la testa dal cuscino e a pochi centimetri dalla mia testa c'era un piccolo occhio nero di un pipistrello grigio. I miei occhi si sono subito stretti per non vedere, la testa è ricaduta sul cuscino. Ho pregato il mio amico di aiutarmi, ma nella stanza non c'era più nessuno. Gli occhi serrati, lo stomaco stretto dalla paura, mi sono reso conto come quel mio amico non fosse che un doppelgaenger.
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Otello o Iago?
venerdì 26 ottobre 2007
Telefonata
L'illusione che potesse verificarsi uno showdown a seguito dei messaggi di martedì si è rivelata per quel che era. Giovedì non è stato un giorno pari. Lei aveva la possibilità di scelta, l'occasione di mandare segnali ambigui o percepibili in quanto tali o quantomeno che lei si poteva immaginare che potessero risultare percepiti in quanto tali. Non sarebbe stato da lei. E da lei non è stato. La sua risposta è stata l'assenza. Di fatto un ennesimo no. Certo, con via di fuga... ma chi ci crede? Io probabilmente non più. Una telefonata rivolta verso un oggetto che non risponde.
giovedì 25 ottobre 2007
Giovedì è un giorno pari.
Mancano poche ore. Pochi chilometri e pochi respiri. Poi tuffato in apnea nel gelido lago dei miei patimenti, sorriderò silenzioso mentre la pioggia frigida congelerà le mie lacrime. E' giovedì, miei signori, è tempo di dare spettacolo, è tempo che cadano gli imperi, è tempo che la lucertola canti il suo sibilante ed arcano inno tra le rovine coperte di licheni che pesano sul mio cuore, è tempo che la nave levi la sua ancora e salpi per quello che si trova al di là dell'orizzonte. E' giovedì, bimba. Tempo di lasciar perdere le parole. Almeno stanotte.
martedì 23 ottobre 2007
Giorni Pari
Non c'è una ragione specifica ma alcuni giorni sono pari. Il Martedì è un giorno pari. Martedì ho cercato di fare finta di nulla ma è finito in poesia. E' stato un movimento istintivo, dopo una giornata di finta indifferenza: dirle che quello che provo non è cambiato, che ogni volta che la vedo è un dono.
Giovedì è un giorno pari. Lei potrà o non vorrà raggiungerci in Società. Sabato è un giorno pari. Saremo a cena in un'altra Società, ma sarà un gruppone e... Voglio comunque che siano giorni pari, malgrado tutto. Nonostante tutta la tristezza e la disperazione che da essi trasuderà.
Giovedì è un giorno pari. Lei potrà o non vorrà raggiungerci in Società. Sabato è un giorno pari. Saremo a cena in un'altra Società, ma sarà un gruppone e... Voglio comunque che siano giorni pari, malgrado tutto. Nonostante tutta la tristezza e la disperazione che da essi trasuderà.
lunedì 22 ottobre 2007
Lady Deborah, un bacio
Immagina di sognare una ragazza che non vedi da più di 15 anni. Era carina all'epoca, due anni più grande, timida e soffice, materna senza alcun accenno di leziosità. Nel sogno me la sono trovata di fronte in un luogo affollato, un treno forse, comunque si era in piedi, e lei era come sarebbe oggi, tanti anni dopo, ma con le stesse qualità di allora. Allora, peraltro, non credo che averle dedicato che un pensiero fugace, o forse neppure quello. Ora, nel sogno, la fisso negli occhi e lei mi sorride. Ci riconosciamo, lei racconta di come sia sola; io, non staccando il mio sguardo dal suo, le chiedo se ha voglia di uscire. Lei sorride ed acconsente. Mi sveglio. Lei si chiamava Deborah. Questa notte mi ha reso felice.
giovedì 18 ottobre 2007
La Figlia di Castrovalva
Ascoltando le avventure della figlia di Castrovalva non potevo fare a meno di essere assalito da una vaga tristezza. Affermare che non fossi innamorato un poco di lei sarebbe stato dire una bugia, mentre non potevo giurare d'amarla. Ma qualunque cosa io provassi nei suoi confronti, era di fatto ininfluente, perchè, comunque, volere qualcosa di più che qualche racconto delle sue avventure, sarebbe stato perderla. La cosa che però mi faceva più male era la facilità con cui lei si concedeva ai cloni. La sfacciatagine del clone è un qualcosa di inquietante. Il clone ha sempre sulle labbra le parole giuste. La figlia di Castrovalva parla con tutti, sorride ed accetta gli inviti. Forse è troppo facile interessarla, forse la costante volatilità dei suoi sentimenti viene scambiata per facile arrendevolezza, tant'é che fa apparire a esseri umani come me quanto sia liquido muoversi nell'universo dei cloni, come ci siano poche regole e molta libertà, anche se so che questo non è altro che un sintomo di decadenza della nostra civiltà che si sta dirigendo a lunghi passi verso il confine estremo della Fine del Tempo. Non so se c'è un'anima che m'attrae oppure se anch'io come altri sia preso da quella strana malia che la circonda come ragnatela, so solo che con la figlia di Castrovalva mi trovavo bene, che a lei ho detto cose che non ho mai detto a nessuno, che è cresciuta sino a diventare un paradigma di donna con cui trascorrere una vita. L'avrei persa prima o poi...
martedì 16 ottobre 2007
L come A
A volte non importa cosa ci sia in realtà dietro quei due occhi azzurro ghiaccio. Non importa se ci sia profondità o ineffabile inconcludenza in quelle sue parole in libertà. Non ti rendi conto di quanto sia inutile scrivere di quanto sei solo, di quanto il momento sia poco propizio per una tua mutazione in divenire. Angel che vive una realtà tutta sua, immersa nel colore, non comprendendo il mondo così com'è, rifiutandolo quando si intromette come acqua in un barattolo di zucchero. E muore, si lascia morire, rivelando una capricciosa coerenza tra vita e sogno. E' un personaggio che si odia, si compatisce e non si può fare a meno di amare. Io, naturalmente, sono la sua segretaria lesbica.
venerdì 5 ottobre 2007
OrsO
Sto camminando scalzo sulle roventi sabbie del tempo, a digiuno di cibo e di amore, pronto a crollare spento come una marionetta a cui abbiano tagliato d'improvviso le fila del discorso. Orso morente di fronte ad una bimba vestita di nero. Le salterei addosso se non fossi così morto.
giovedì 27 settembre 2007
Giovedì 4 di 4
Oggi sto male, ma, per fortuna, è un male fisico: raffreddore e mal di gola, forse un poco di febbre. Questo non mi impedirà di essere ai tavoli questa sera. Però, forse perchè non c'è spazio per ora nella mia testa che per la sonnolente estatica indolenza da aspirina, non sto costruendo alcun cupo castello di mattoni di disperazione. La sera è ancora lontana, ma non credo che finchè l'avrò di fronte interiorizzerò alcunchè. Altre occasioni che mi sono creato per soffrire: la cena di sabato (che forse lei c'è o forse no) e domenica a Finale (idem). Non voglio arrendermi alla febbre. Non voglio fermarmi. A rischio di crollare. A rischio di spegnermi.
martedì 25 settembre 2007
Giallo in mezzo al torrente
Luna e marea
Non incontrala giovedì, che era chissà dove, non chiedere, non ti interessa, e non incontrarla ieri sera, perchè non è venuta, non lo so, non ti interessa, in qualche modo ha evitato che la tristezza colpisse come un'onda improvvisa, venendomi invece incontro come una placida marea crescente. Ed anche la luna sorride, mentre si fa piena.
giovedì 20 settembre 2007
martedì 18 settembre 2007
In memoria di Robert Jordan
Ho appena letto che due giorni fa, il 16 settembre, se ne è andato Robert Jordan. Per chi non lo conoscesse, RJ era uno scrittore americano che ha riportato nella lista dei best sellers le lunghe saghe fantasy. "La Ruota del Tempo" era una saga progettata prima in 6 poi in 12 volumi che descriveva, semplificando al massimo, "una" lotta del Bene contro il Male in un universo dal tempo ciclico e dai destini predeterminati. Al massimo della fama e al termine dell'undicesimo volume, a RJ era stata diagnosticata una rarissima malattia del sangue che l'avrebbe portato alla tomba in poco tempo. Dal cinico punto di vista del lettore è una disdetta: inizieranno dispute su chi debba finire il lavoro, gli appunti sono in mano alla moglie e alla famiglia, l'ultima entrata sul suo blog era proprio contro i progetti che la TOR Books stava elaborando in prospettiva della sua dipartita. Etc. Io sono al quarto libro come lettura ed ho già in biblioteca i restanti sette. Andare avanti nella lettura di quello che comunque rimarrà un'epica incompiuta mi darà, credo, una strana sensazione di ineluttabile impossibilità esistenziale, di naufragio delle speranze, di assenza di prospettiva. Come se la Rowlings fosse scomparsa prima di completare il settimo libro di Harry Potter: qualsiasi cosa sarà pubblicata non si saprà mai se rispetti in tutto e per tutto le intenzioni dell'autore, risulterà comunque, se non falso, quantomeno artificioso. Magari ci saranno varianti, oppure, in futuro, finali alternativi. In Italia, tempo fa, un possibile capolavoro si è trasformato in un pastrocchio: "Memorie del presbiterio" iniziato da Emilio Praga, sulla soglia della tomba, come misteriosa fantasia post-romantica, tinta di melodramma da Roberto Sacchetti e, alla morte di quest'ultimo, completata di fretta da un imprecisato amico dei due.
lunedì 17 settembre 2007
venerdì 14 settembre 2007
solo una maiuscola una virgola e un punto
Non credo che riuscirò mai a perdonarmi per aver potuto credere potesse essere possibile illudermi che fosse concepibile la realizzazione di una storia tra due persone che si erano incontrate per caso tanti anni fa e conosciute man mano sino a che una delle due indovina quale non si è accorta di essere innamorato qualcun altro forse anche io si sarebbe accontentato di coltivare in privato questa passione senza fare in modo che fosse palese quel che avrebbe dovuto rimanere nascosto mentre qualcun altro forse io ha reso via via anche più esplicita cosa perché in fondo lei non aveva nessuno era sola come te aveva in parte i tuoi stessi interessi e vi divertivate a fare le cose insieme in modo che non si sarebbe stupito nessun che dopo più di un anno di assidua ma aspetta in realtà non è messa in conto l'improponibilità fisica e caratteriale di uno dei due indovina quale ed il fatto che non c'è mai stata un'attività in cui non foste almeno in tre certo magari eravate soli voi due prima e dopo e le lunghe chiacchierate in auto e non sai quanto mi manchi e quanto vorrei piangere e buttarmi per terra in ginocchio a supplicarti e al tempo stesso non fare come faccio ostentando una freddezza che non sento, un livore maligno che consuma i miei fine settimana.
giovedì 13 settembre 2007
Giovedì 2 di 4
E' di nuovo giovedì. Imbottito di caffeina mi butto in milioni di progetti. Per me o per non pensare a Lei. Ma stasera, poche ore, le sarò di nuovo affianco. E per qualche giorno a seguire sarò anientato. Oppure annientato? Oppure, chi se ne frega. Lo faccio per me in fondo: io mia unica bussola, un ago che punta verso il nulla. Atarassia magnetica. Ti fisserò negli occhi e ti dirò:"Ti amo. Fottiti." Non c'è cattiveria più grande che dire no all'amore. Non chiamarmi amico.
lunedì 10 settembre 2007
Lamento e prospettiva
Io sono il cantore cieco in mezzo all'autostrada, sono la monetina rifiutata dal distributore automatico, sono il fondo opaco in una tazzina di caffè, sono la madonna che si masturba ai piedi della croce, sono il macellaio che mostra agli amici la sua laurea in medicina, sono il nostalgico che detesta il passato, il progressista deluso dal futuro, io sono colui che è attratto da ciò che non può attrarre, sono il letto sfatto di un insonne incontinente, sono il fondo del barile, sono la persona con cui non si può essere che amici, sono l'inutile avanzo di un'epoca decadente, io sono lo sconfitto dalla storia, io sono solamente solo.
Non è la prima volta che l'idea di abbandonare tutto attraversa la mia mente. Partire per un viaggio senza meta alla ricerca delle fonti del fiume Serenità. Lo zaino in spalla, abbandonarsi alla strada, immemore di quel che si è stati e proiettato verso il nulla. Non ho futuro, comunque.
Non è la prima volta che l'idea di abbandonare tutto attraversa la mia mente. Partire per un viaggio senza meta alla ricerca delle fonti del fiume Serenità. Lo zaino in spalla, abbandonarsi alla strada, immemore di quel che si è stati e proiettato verso il nulla. Non ho futuro, comunque.
giovedì 6 settembre 2007
Il Dottor Castrovalva /6
Ero incuriosito da quell'ultima sua affermazione. Non tanto per quanto enunciava, dato che le conseguenze dell'azione descritta non parevano essersi ancora tradotte in opacità delle superfici o in trasandatezza dell'ambiente, quanto per il tono in cui era stata enunciata. In quel tono c'erano al contempo tristezza, noia, rabbia, delusione ed un senso inqualificabile di liberazione. Intuendo cosa stessi pensando, Castrovalva tenne a precisare: "Non l'ho mai toccata. Era un gioello d'ebano dentro una teca. Ogni tanto mi premuravo di controllare se c'era ancora, ma il più delle volte davo per scontata la sua presenza. Ora che non c'è, mi manca. Ed al tempo stesso rimpiango il tempo in cui è stata con me, perchè so che chi la possiede ora ha un rapporto con lei che io non mi sarei mai sognato di avere, o anche solo di chiedere: ero felice di averla con me e sapevo non avrebbe mai accettato di essere qualcosa di più di quel che era, madre, moglie e sorella. So che anche tu non riuscivi a toglierle gli occhi di dosso." "Io non..." mi interruppi, perchè sarebbe stato inutile negare. Chiesi: "E quale è il motivo per cui..?" Castrovalva mi fissò negli occhi per qualche istante prima di rispondere con freddezza: "Cloni."
Giovedì 1 di 4
Stasera e per i prossimi tre giovedì, sarò impegnato nelle serate che la SMS Cantagalletto organizza a favore di Associazioni pro Africa o pro situazioni disperate (stasera Don Gallo e la sua comunità). Oh, laudate impegno civile! In realtà so perchè mi ci sono trovato in mezzo ormai più di un anno e mezzo (rima kitsch voluta). Ed il motivo, la ragazza con cui mi sono lasciato senza mai esserci stato insieme, sarà lì. Forse, anzi sicuramente. Mentre la mia bimba è in ferie, non so in seno a chi piangere. Oppure anche solo se piangere. Soprattutto domani.
mercoledì 5 settembre 2007
L'ostacolo che non c'è
Cosa mi ha impedito oggi di uscire? Apparentemente nulla. Eppure non ho messo il becco fuori. Avevo due progetti: il primo era scendere in centro, a vedere i nuovi modelli di all star. Ho chiesto a mia sorella se mi accompagnava. Lei ha detto no. Non sono andato in centro a vedere i nuovi modelli di all star. Il secondo era predere la bike e buttarmi su fino a Naso di Gatto e scendere su Marmorassi. Sono passate le cinque, non erano ancora asciutti i braghettini da ciclista (ma ce ne ho anche un altro paio un po' più pesanti e per anni sono andato con pantaloncini normali), ho perso le istruzioni del conta chilometri e ho mandato a puttane la sincronizzazione dello stesso con il diametro della ruota (ma i codici sono disponibili in rete!), e quindi non sono andato in bici. Ho trovato delle arachidi dolci ricoperte di miele, un sacchettino cameo, e l'ho divorato. Il senso di incompiutezza sta crescendo. Domani rivedrò gli amici, anzi "l'amica".
martedì 4 settembre 2007
il Dottor Castrovalva /5
“Se l’unico criterio su cui va a basarsi la riproduzione è l’avvenenza fisica, avremo un incremento sostanziale e diffuso della bellezza, ma, al contempo, se all’avvenenza fisica non vengono associate doti intellettuali, se comunque la scelta insiste sulla frivolezza, la massmedificazione, la clonazione, ogni generazione sarà più stupida della precedente.” spiegò Castrovalva. “Ed in un modo di idioti, noi saremo gli eletti” sorrisi. Castrovalva s’accigliò: “Noi saremo morti, uccisi dalla stupidità. Insultati, ci rifugeremo nel privato. E neppure saremo lasciati soli nella nostra solitudine, ma indicati e derisi, allontanati a sassate, sino a che, una sera tornando a casa, un gruppo di imberbi ragazzini, incitati dai gridolini di troiette succhiacazzi, ci massacrerà a bastonate.” “Mi sembra esagerato. Soprattutto le troiette succhiacazzi.” “E’ il sentiero che porta all’estinzione. Guardati intorno: è già iniziato. Cloni ovunque. E non ci sono più donne brutte.” “Lei guarda solo quello che vuole vedere. La realtà è più complessa.” “Lo sai che la mia domestica nubiana è scappata?”
Tesi/2
Non c’è alcun problema nel constatare che la totale desistenza dall’azione di alcuni individui non generi altro che il tormentarsi erotico di animi maggiormente orientati alla contemplazione. Tali individui che sostano inutili o muovono pochi passi nelle vie, nei negozi o nei centri commerciarli, fanno ostentazione delle loro qualità estetiche sia maschili che femminili. Gli animi, al contrario, che vorrebbero null’altro che starsene tranquilli, non possono fare a meno di indossare il loro abito di inadeguatezza e prospettarsi un futuro di silenzi, lagrime e solitudini. Ancorché la contemplazione dell’altrui adattarsi ai tempi, la clonazione dell’inutilità, sia un forte stimolo nei confronti del mercato editoriale e dell’elettronica di consumo, gli animi annientati e proni non possono fare a meno di chiedersi se davvero non ci sia soluzione differente dal proprio annichilimento sociale e fisico. La risposta, non si discute, è negativa.
sabato 1 settembre 2007
il Dottor Castrovalva /4
Non ho mai indagato sull'ipotesi che potessi essere innamorato sul serio della figlia di Castrovalva. "Ho passato brutti momenti" iniziò Castrovalva, dopo avere fatto segno di accomodarmi. "E' un dolore tra lo stomaco ed il diaframma. Un giorno mi è scappato di essere del tutto sincero. Lei sapeva che ero innamorato, ma faceva finta di niente. Quando ho reso le cose esplicite, ha risposto che era mia amica, che mi voleva bene, ragion per la quale era meglio che mi togliessi di torno.""Ti sei lasciato con la ragazza che non hai mai avuto", sorrise Castrovalva, perchè ero io a parlare e non lui.
venerdì 31 agosto 2007
Weakend
my week ends here/my weakness begins here
God please, help me up from the sofa
I'm tired to invent excuses
God please, help me up from the sofa
I'm tired to invent excuses
giovedì 30 agosto 2007
Tesi
Per attuare l’applicazione del sistema di gestione integrato si rende necessario individuare una completa disarticolazione di funzioni prona alla metamorfosi in ente agente ovvero superfacente.Salutando la redazione di hub pitargonici e di velodri huiternarii si accetta securmente un violitico tabbernuglio. Ed il vento incoraggia la tempesta. Avendo di paragone, tra agone e arpagone, un fattone importante si consiglia di piantare il dimenamento ossessivo del can per l’aia e dedicarsi con maggior profitto ad attività di maggior necessità sociale e materiale. La cronica e naturale decrescita demoscopica rilevata tra i maggiori di anni tredici e le ragazze di anni sedici dimostra come più carne si mostra, più il desiderio tende a crescere e lo stupro si fa arte. La violenza intellettuale assecondata dalle tenere carni esposte delle fanciulle aggrada a determinate elites cattolico massoniche impegnate da decenni a tutelare l’accrescere costante del numero di embrioni. Se tale numero è stato visto rattrappirsi col correre degli anni il fatto è correlato con crescente certezza al crescere irsuto di peluria tra le gambe di adolescenti che altresì andrebbero accuratamente rasate. Epilazione radicale e perenne uguale più figli. Contattate le figliole dei vicini compiacenti e controllate il corretto recepimento della morale corrente, potendo, qualora se ne scorga l’opportunità, approfittare per garantire la corretta applicazione dell’abuso nei confronti delle giovini imberbi. Anche se e talvolta sconsigliato in presenza di apparecchi odontoiatrici particolarmente acuminati, la soddisfazione orale di determinate pulsioni tra i meno adatti alla riproduzione a causa di tare genetiche e telegeniche, potrebbe essere più adatta allo sviluppo morale ed intellettuale della razza umana nel medio e lungo politico. Talora alcuni potrebbero sentirsi offesi dall’esplicamento anale di funzioni primarie, così lo scrivente tende a dissuadere il lettore dal procurarsi piacere in tal modo a meno che il soggetto dell’attenzione riproduttiva non incoraggi esplicitamente il lasciarsi andare a comportamenti che superano il normale oggetto di libidine.
il Dottor Castrovalva/2
Castrovalva viveva in uno specchio. Tutte le superfici del suo appartamento erano lucidate con cura maniacale dalla sua domestica nubiana. La ragazza mi aveva squadrato da testa a piedi quando mi aveva aperta la porta. Non portavo orologio, la mia t-shirt era di un blu ordinario un poco stinto, nessun muscolo, nessun tatuaggio, la cintura che neache sapevo d'averla, scarpe da tennis un poco lise, jeans pallidi di taglio classico, niente strappi. Aveva voltato le spalle senza neanche fare cenno d'accomodarmi. Dietro gli occhiali da sole D&G sapevo che due occhi azzurri mi avevano giudicato inutile. Castrovalva mi aveva fatto cenno di raggiungerlo in biblioteca. "Deve avere un fastidio agli occhi, credo." Non aveva riconosciuto uno dei segni che identificano un clone. In fondo era la sua unica figlia.
mercoledì 29 agosto 2007
Critical Mass
Massa critica di biciclette
Appuntamento 29 Agosto ore 18:00 sotto le Torri del Brandale
Appuntamento 29 Agosto ore 18:00 sotto le Torri del Brandale
Il Dottor Castrovalva /1
Il dottor Castrovalva abitava a due porte dalla mia, dall’altro capo della Città, dieci anni fa. La cosa di lui che mi ha sempre affascinato era la biblioteca, buia anche a mezzogiorno, malgrado le tante vetrate. Castrovalva aveva una teoria: alla Fine del Tempo la diversificazione tra gli individui tende ad annullarsi, tutto tende ad amalgamarsi, tutti si omologano ad un tipo, l’interiore coincide con l’esteriore. Se non ti annulli, ti amalgami, ti omologhi e sei esteriormente inadatto ad essere stereotipato, sei condannato all’esclusione, alla solitudine, all’inappagamento, alla vita “anormale”, all’infelicità. Renditene conto, ed avrai perso anche la serenità. Calstrovalva non si era accorto, però, che sua figlia era un clone.
martedì 28 agosto 2007
Segue da sotto (anche se mesi dopo): Doctor Who
L'epifania di cui al punto precedente, frammento di una lettera non spedita, si riferiva a "Ark in space", dalla prima stagione di Tom Baker come Doctor. Avevo acquistato il DVD e pochi minuti di visione...
a claudia 3 o 1 bis
Domenica ho conosciuto un momento topico-epifanico-catartico. L’antefatto si svolge tanto tempo fa, i capelli a caschetto, le zampe di elefante e, ci si creda o meno, una magrezza preoccupante. Era alla fine degli anni settanta oppure il 1980. Doveva essere un weekend oppure un pomeriggio senza scuola (all’epoca frequentavo le scuole delle suore e mi fermavo lì a mangiare e poi a giocare al pomeriggio) ed ero a casa di una delle nonne, non mi ricordo quale, e di fatto non è un’informazione fondamentale ai fini del ricordo. La materia del ricordo proviene da uno schermo televisivo. Una massa che si rimpicciolisce sino a scomparire, persone che entrano in una “cabina telefonica” che scompare, la stessa cabina che si materializza in uno spazio bianco e asettico, corridoi bianchi e persone con tute bianche. Uno di questi ultimi tiene sempre una mano in tasca e quanto la tira fuori… è ricoperta da un’inquietante schiuma verde e bianca che nasconde un qualcosa di chitinoso. Stop. Il resto alla prossima puntata. Che non riuscirò a vedere o non sarà messa in onda, ovvero non riuscii a vedere o non fu messa in onda. Nel ricordo rimane una faccia terrorizzata di una persona che sta mutando, quella mano, quella schiuma, e lo nascondendo agli altri. Un qualcosa d’irrisolto. Un senso d’incompiutezza.Ho cercato negli anni successivi di attribuire quei ricordi ad un programma preciso. Nella seconda metà degli anni ’80 pensavo fosse un serial BBC e al successivo film Hammer “L’esperimento del dr. Quatermass”. Ho poi scoperto di sbagliarmi (tra parentesi: sono entrambi in bianco e nero, degli anni 50 ed il serial lo trasmettevano in diretta senza registrarlo). Poi più nulla. Ogni tanto mi tornava in mente, sospiravo e facevo spallucce. Un ricordo, confuso, dell’infanzia. Uno dei pochi, peraltro.
A Claudia 2
Il giorno sta passando lentamente, un minuto si accatasta sull’altro, materia del fuoco, il tempo che non brucia, ma scivola freddo, la corrente placida di un fiume che si allarga per diventare lago, una nebbia umida che accarezza le rive circondate di salici, un unicorno morente, il manto bianco screziato di rosso, ed un cacciatore attonito. Tante volte mi è venuta voglia di scrivere, e qualche volta l’ho fatto. Ma quegli sterili abbozzi, che sorridevano maligni o piangevano compiaciuti, non hanno raggiunto quella soglia che avrebbe giustificato il loro completamento e la loro finalizzazione. Sono rimasti lì, note impotenti di inutili momenti di egotismo. Puoi non leggere quanto segue, o non aver letto quanto precede, non importa, non mi offendo, insensati barocchismi. Il mio problema attuale è che, pian piano, sto perdendo il controllo. Ci sono a volte momenti in cui il dolore che provoca il demone aggrappato al mio cuore si rende manifesto. Non riesco a ricordare quello che mi si dice, inizio a balbettare o non riesco a parlare. Sono solo momenti, ma soprattutto la balbuzie e l’afasia si presentano sempre più spesso. E’ il trionfo della confusione mentale. E’ l’inizio o l’indizio della follia. E’ quello di cui ho più paura: la coscienza della pazzia. Perché ho spesso pensato che perdere il controllo di sé senza rendersene conto, scivolare nell’antro pieno di specchi dell’alterazione mentale, non fosse un male di cui ci si potesse in fondo lamentare. Ovviamente sarebbe un inferno per chi ci sta intorno, ma dal punto di vista egoistico ed individuale essere un Napoleone felice è meglio che essere un tipo che ha le aspirazioni di Napoleone, lo stesso malore di stomaco, una passione per donne, marmi e cavalli, ma al tempo stesso sa di non essere Napoleone e non avere assolutamente le forze o i mezzi per conquistare l’Europa e per imprigionare il Papa nel Priamar. Non è la pazzia a fare paura, ma, appunto la coscienza di essa.
Mi sembra sempre più difficile indossare la maschera di allegra spensieratezza che alcuni mi vedono così bene addosso. Invece mi importa, invece soffro, invece accuso i colpi, e situazioni anche lontane da me mi fanno stare male. E’ la barriera che mi ha separato per così tanto tempo dal reale che si è dissolta, e quello che avevo intuito mentre stavo al di qua (quelle crisi anche violente, ed una violentissima) lo trovo pari pari di là. La mancanza di Senso. Basta: troppe chiacchere, troppi concetti. Un ultimo.
C’è una parola di particolare fascino espressivo nel vocabolario inglese: longing. Si può tradurre come nostalgia, ma non rende del tutto il significato. E’ una strana sensazione, a dire il vero. L’ateo CS Lewis provava un senso di longing che non comprendeva fino a che non ha realizzato che questo era indirizzato verso la dimora celeste, il Cielo. Se provo quella determinata sensazione, longing, si disse, allora Dio esiste, perché io tendo ad esso e non potrei tendere a qualcosa che non esiste… Certo, in questo caso potrebbe tradursi anche nostalgia, oppure no? All’idea di casa o patria o famiglia (home) si associa spesso anche l’appartenenza (belonging to). Di nuovo quella radice long. Long è anche lungo, lungo come un viaggio, long journey, come un drink, long dring. E quel suono liquido ed al contempo pieno… Ma non è questo il punto. Longing. –nostalgia come tensione verso un qualcosa che non si ha, ma una tensione non rabbiosa bensì malinconica ed impotente. Tensione per un qualcosa che esiste ma che è ogni volta dietro l’angolo, è sempre oltre la linea dell’orizzonte, meta alla fine della via.
Boh, non importa. Comunque.
Mi sembra sempre più difficile indossare la maschera di allegra spensieratezza che alcuni mi vedono così bene addosso. Invece mi importa, invece soffro, invece accuso i colpi, e situazioni anche lontane da me mi fanno stare male. E’ la barriera che mi ha separato per così tanto tempo dal reale che si è dissolta, e quello che avevo intuito mentre stavo al di qua (quelle crisi anche violente, ed una violentissima) lo trovo pari pari di là. La mancanza di Senso. Basta: troppe chiacchere, troppi concetti. Un ultimo.
C’è una parola di particolare fascino espressivo nel vocabolario inglese: longing. Si può tradurre come nostalgia, ma non rende del tutto il significato. E’ una strana sensazione, a dire il vero. L’ateo CS Lewis provava un senso di longing che non comprendeva fino a che non ha realizzato che questo era indirizzato verso la dimora celeste, il Cielo. Se provo quella determinata sensazione, longing, si disse, allora Dio esiste, perché io tendo ad esso e non potrei tendere a qualcosa che non esiste… Certo, in questo caso potrebbe tradursi anche nostalgia, oppure no? All’idea di casa o patria o famiglia (home) si associa spesso anche l’appartenenza (belonging to). Di nuovo quella radice long. Long è anche lungo, lungo come un viaggio, long journey, come un drink, long dring. E quel suono liquido ed al contempo pieno… Ma non è questo il punto. Longing. –nostalgia come tensione verso un qualcosa che non si ha, ma una tensione non rabbiosa bensì malinconica ed impotente. Tensione per un qualcosa che esiste ma che è ogni volta dietro l’angolo, è sempre oltre la linea dell’orizzonte, meta alla fine della via.
Boh, non importa. Comunque.
A Claudia
Provo, tanto per cambiare, questo mezzo di comunicazione. Anche se comprendo come possa risultare estremamente imbarazzante scrivere quanto segue, proverò a farlo comunque. Non riesco a parlarti direttamente, non riesco a mettere una parola accanto all’altra per esprimere anche la più stupida banalità. Mi perdo in una specie di strana contemplazione della tua divinità e di acuta consapevolezza della mia inettitudine.
Ultimamente, proprio tale coscienza di non essere in grado di vivere una vita completa, accanto all’insicurezza per il mio futuro lavorativo e ai cambiamenti inevitabili nella routine domestica, (accanto: non ‘unita’ oppure ‘insieme’, perché quantomeno riesco a mantenere questa particolare schizofrenia funzionale che mi fa reagire in modo diverso in contesti differenti), mi hanno portato a contemplare con compassione l’Abisso.
In condizioni normali tra me e l’Abisso c’è un filtro razionale, un distacco clinico e cinico, che mi permette di non soffrire (troppo).
Mi ero ripromesso, scrivendo queste insensate righe, di non comporre frasi lunghe farcite di incisi e di non ricorrere a simboli. Poche parole ed eccomi a non aver rispettato le regole.
Mi spiego: l’espressione “contemplare l’Abisso” solitamente viene associata a pulsioni suicide, ma io ho preso ad utilizzarla come sinonimo di arrendersi al Non Senso, quel particolare insieme di conseguenze ai dati di fatto che si determinano senza particolare ragione (casualità storiche, sociali, genetiche), ma che al contempo si configurano come necessarie e perciò inevitabili. Non so quanto questa spiegazione sia chiara. Uno si comincia a chiedere se ‘contemplare con compassione l’abisso’ non esprimesse già pienamente un significato, o anche se solo un meta-significato non fosse già auto-sufficiente…
Un esempio: ho visto un servizio tv su ‘L’amico di famiglia’ di Sorrentino. L’attore protagonista ha detto una cosa simile ad un certo punto: “Dio, bontà sua, mi ha fatto così: brutto. Io non mi vedo così: so di non essere bello ma non mi vedo particolarmente brutto. Io ed il mio personaggio nasciamo sconfitti non per colpa nostra.” Togli Dio e il concetto di colpa ed in nuce hai una cosa che avrei potuto dire io pari pari.
Perché poi ti scriva queste cose, mi viene in mente adesso, e ti chiedo di perdonare questo mio delirio, (ed avevo promesso di limitare gli incisi), potrebbe sembrare che sia per ottenere risposte del tipo: ma no, non fare così, esiste anche per te la possibilità di essere felice, da qualche parte, in qualche luogo, ma non qui, non adesso, domani, attendi, domani. La promessa del Paradiso. La grande consolazione. L’illusione.
No. Non c’è bisogno di inutilità del genere, e se ti fa piacere saperlo anche il solo scrivere queste cose che sto scrivendo, (scrissi), ha una valenza terapeutica per l’anima. I Sentimenti si sfogano negli inutili barocchismi marinisti e lasciano che ogni tanto sia la Ragione a illuminare il mondo.
Non lo so, sono in pausa pranzo e ho perso il punto. Ieri è nato il figlio di mia sorella e non ho cenato. Ed è meglio che vada a mangiare qualcosina.
Magari il punto è tutto qui: volevo solo sperimentare questo tipo di comunicazione.
Ultimamente, proprio tale coscienza di non essere in grado di vivere una vita completa, accanto all’insicurezza per il mio futuro lavorativo e ai cambiamenti inevitabili nella routine domestica, (accanto: non ‘unita’ oppure ‘insieme’, perché quantomeno riesco a mantenere questa particolare schizofrenia funzionale che mi fa reagire in modo diverso in contesti differenti), mi hanno portato a contemplare con compassione l’Abisso.
In condizioni normali tra me e l’Abisso c’è un filtro razionale, un distacco clinico e cinico, che mi permette di non soffrire (troppo).
Mi ero ripromesso, scrivendo queste insensate righe, di non comporre frasi lunghe farcite di incisi e di non ricorrere a simboli. Poche parole ed eccomi a non aver rispettato le regole.
Mi spiego: l’espressione “contemplare l’Abisso” solitamente viene associata a pulsioni suicide, ma io ho preso ad utilizzarla come sinonimo di arrendersi al Non Senso, quel particolare insieme di conseguenze ai dati di fatto che si determinano senza particolare ragione (casualità storiche, sociali, genetiche), ma che al contempo si configurano come necessarie e perciò inevitabili. Non so quanto questa spiegazione sia chiara. Uno si comincia a chiedere se ‘contemplare con compassione l’abisso’ non esprimesse già pienamente un significato, o anche se solo un meta-significato non fosse già auto-sufficiente…
Un esempio: ho visto un servizio tv su ‘L’amico di famiglia’ di Sorrentino. L’attore protagonista ha detto una cosa simile ad un certo punto: “Dio, bontà sua, mi ha fatto così: brutto. Io non mi vedo così: so di non essere bello ma non mi vedo particolarmente brutto. Io ed il mio personaggio nasciamo sconfitti non per colpa nostra.” Togli Dio e il concetto di colpa ed in nuce hai una cosa che avrei potuto dire io pari pari.
Perché poi ti scriva queste cose, mi viene in mente adesso, e ti chiedo di perdonare questo mio delirio, (ed avevo promesso di limitare gli incisi), potrebbe sembrare che sia per ottenere risposte del tipo: ma no, non fare così, esiste anche per te la possibilità di essere felice, da qualche parte, in qualche luogo, ma non qui, non adesso, domani, attendi, domani. La promessa del Paradiso. La grande consolazione. L’illusione.
No. Non c’è bisogno di inutilità del genere, e se ti fa piacere saperlo anche il solo scrivere queste cose che sto scrivendo, (scrissi), ha una valenza terapeutica per l’anima. I Sentimenti si sfogano negli inutili barocchismi marinisti e lasciano che ogni tanto sia la Ragione a illuminare il mondo.
Non lo so, sono in pausa pranzo e ho perso il punto. Ieri è nato il figlio di mia sorella e non ho cenato. Ed è meglio che vada a mangiare qualcosina.
Magari il punto è tutto qui: volevo solo sperimentare questo tipo di comunicazione.
Maledetti cloni!!!!
Maledetti cloni!
Non credevo sarei arrivato a vedere nel corso della mia vita il realizzarsi delle più cupe e disperate profezie del Dottor Castrovalva. Non sognavo neppure lontanamente di trovarmi di fronte il confine ultimo della Fine del Tempo. Eppure…
Eppure eccomi qui, lontano dalla Città, dai suoi vicoli putridi e dai suoi quais infestati dai cloni, a consumarmi gli occhi scrivendo queste righe sotto la pallida luce di un paralume schermato. A dare testimonianza. Inutile, autorefenziale, sterile documentazione per l’umanità che popolerà il domani, perché sia avvertita dell’inevitabile, perché sia preparata fino dai suoi albori all’estinzione finale, ai cloni ed alla Fine del Tempo. Sempre che vi sia un’umanità domani, che i cloni non siano ricomparsi per rimanere. Per l’Eternità oltre la Fine del Tempo.
In questo caso, il mio lettore sarà un clone. Ed allora, clone lettore,a Te mi rivolgo, a Te che, a questo punto, con il Tuo amorale ghigno indifferente, Ti starai chiedendo come abbia fatto ad accorgermi di Voi, a rendermi conto della Vostra infiltrazione insidiosa tra noi, di come abbiate occupato le nostre case, le nostre città, le nostre strade.Io mi sono allontanato dal consesso umano, o da quel poco che di esso dovrebbe essere sopravvissuto, per ritirarmi a vivere in mezzo ai boschi, senza quei conforti che per Voi cloni sono così indispensabili, e prepararmi in solitudine alla Fine del Tempo. Mi sono sottratto ai Vostri sguardi beffardi e maligni, alle Vostre carezze e lusinghe, ai Vostri schiaffi ed insulti, riconoscendoVi per quello che siete: i cloni profetizzati da Castrovalva, araldi della Fine del Tempo!
Non credevo sarei arrivato a vedere nel corso della mia vita il realizzarsi delle più cupe e disperate profezie del Dottor Castrovalva. Non sognavo neppure lontanamente di trovarmi di fronte il confine ultimo della Fine del Tempo. Eppure…
Eppure eccomi qui, lontano dalla Città, dai suoi vicoli putridi e dai suoi quais infestati dai cloni, a consumarmi gli occhi scrivendo queste righe sotto la pallida luce di un paralume schermato. A dare testimonianza. Inutile, autorefenziale, sterile documentazione per l’umanità che popolerà il domani, perché sia avvertita dell’inevitabile, perché sia preparata fino dai suoi albori all’estinzione finale, ai cloni ed alla Fine del Tempo. Sempre che vi sia un’umanità domani, che i cloni non siano ricomparsi per rimanere. Per l’Eternità oltre la Fine del Tempo.
In questo caso, il mio lettore sarà un clone. Ed allora, clone lettore,a Te mi rivolgo, a Te che, a questo punto, con il Tuo amorale ghigno indifferente, Ti starai chiedendo come abbia fatto ad accorgermi di Voi, a rendermi conto della Vostra infiltrazione insidiosa tra noi, di come abbiate occupato le nostre case, le nostre città, le nostre strade.Io mi sono allontanato dal consesso umano, o da quel poco che di esso dovrebbe essere sopravvissuto, per ritirarmi a vivere in mezzo ai boschi, senza quei conforti che per Voi cloni sono così indispensabili, e prepararmi in solitudine alla Fine del Tempo. Mi sono sottratto ai Vostri sguardi beffardi e maligni, alle Vostre carezze e lusinghe, ai Vostri schiaffi ed insulti, riconoscendoVi per quello che siete: i cloni profetizzati da Castrovalva, araldi della Fine del Tempo!
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