martedì 18 settembre 2007

In memoria di Robert Jordan

Ho appena letto che due giorni fa, il 16 settembre, se ne è andato Robert Jordan. Per chi non lo conoscesse, RJ era uno scrittore americano che ha riportato nella lista dei best sellers le lunghe saghe fantasy. "La Ruota del Tempo" era una saga progettata prima in 6 poi in 12 volumi che descriveva, semplificando al massimo, "una" lotta del Bene contro il Male in un universo dal tempo ciclico e dai destini predeterminati. Al massimo della fama e al termine dell'undicesimo volume, a RJ era stata diagnosticata una rarissima malattia del sangue che l'avrebbe portato alla tomba in poco tempo. Dal cinico punto di vista del lettore è una disdetta: inizieranno dispute su chi debba finire il lavoro, gli appunti sono in mano alla moglie e alla famiglia, l'ultima entrata sul suo blog era proprio contro i progetti che la TOR Books stava elaborando in prospettiva della sua dipartita. Etc. Io sono al quarto libro come lettura ed ho già in biblioteca i restanti sette. Andare avanti nella lettura di quello che comunque rimarrà un'epica incompiuta mi darà, credo, una strana sensazione di ineluttabile impossibilità esistenziale, di naufragio delle speranze, di assenza di prospettiva. Come se la Rowlings fosse scomparsa prima di completare il settimo libro di Harry Potter: qualsiasi cosa sarà pubblicata non si saprà mai se rispetti in tutto e per tutto le intenzioni dell'autore, risulterà comunque, se non falso, quantomeno artificioso. Magari ci saranno varianti, oppure, in futuro, finali alternativi. In Italia, tempo fa, un possibile capolavoro si è trasformato in un pastrocchio: "Memorie del presbiterio" iniziato da Emilio Praga, sulla soglia della tomba, come misteriosa fantasia post-romantica, tinta di melodramma da Roberto Sacchetti e, alla morte di quest'ultimo, completata di fretta da un imprecisato amico dei due.

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