giovedì 3 luglio 2008

An android

A metà degli anni ottanta del secolo scorso, ci si assembrava di fronte al portone della scuola per dieci minuti, un quarto o mezz'ora, attendendo che s'aprisse al suono della campana. Di quell'assembramento ricordo poco e niente. Eppure è stato per tre anni di fila, 9 o 10 mesi l'anno. Pochi volti di quelli che dovevano essere dai duecento ai trecento bimbi adulti. Neanche dei miei compagni di classe ho una memoria certa, forse di quattro o cinque... Gli altri non hanno lasciato traccia. Lei me la ricordo, anche perchè all'epoca non era solo tra le migliori, ma era La Migliore, la Queen Bitch. Era un'epoca in cui non tutte le ragazzine erano fighe. Anzi, era proprio il contrario. Era l'incrocio tra goffagine preadolescenziale ed abbigliamento che allora creava un risultato del tutto opposto a quanto produce oggi. Comunque Lei era la migliore.
Ora, io ammasso d'ormoni e d'adipe qual'ero, non ricordo alcunchè. Lei, che si è mantenuta abbastanza bene (non c'è paragone, comunque: cristallizza ancora il fascino d'allora) di me si ricordava...
Oggi l'ho intravista appanchinata con un tipo. Che altro non dovrebbe essere, ma ne ho solo intravisto la sagoma, un mio compagno di scuola. Dei cinque anni successivi. Per quanto si tenti di far finta di nulla, la gabbia della realtà non ha confini molto grandi.

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